Fabrizio Spadini, Paesaggio urbano con aspettative – il focus filosofico di Alessia Fallocco

Fabrizio Spadini

Fabrizio Spadini
Paesaggio urbano con aspettative
Acrilico su pannello telato
40×40, 2022
Contattaci per info sull’opera: +39 06 960 30 764 / info@medinaroma.com / Roma, Via Merulana 220 & Via Angelo Poliziano, 28-32-34-36 / qui tutti i riferimenti!

Testo a cura di Alessia Fallocco

A cosa pensi Venus?

Me lo domando mentre osservo quest’opera. Immersa in un paesaggio di chiaro respiro metafisico Venus Alpha, che molti di noi conoscono come la protagonista femminile della fortunata serie anni ‘80 Mazinga Z, ha gli occhi vitrei rivolti all’orizzonte e l’aria assorta. Erede degli stranianti manichini tanto cari alla Metafisica, con la sua statica presenza ci invita a cogliere il reale dietro il visibile. Ma in questo caso il reale non è nulla di definito. Non è un’essenza quella che la donna d’acciaio ci permette di cogliere, osservandola nell’intimità della sua stanza, ma una possibilità. La possibilità di progredire, di andare avanti, tanto sul piano spazio-temporale quanto su quello morale. Allegoria dell’Architettura, Venus tiene nella mano sinistra una squadra simbolo massonico di rettitudine e determinazione di intenti ma anche lo strumento con la quale è possibile erigere edifici ordinati e stabili. È questo ciò che Venus desidera per il nuovo mondo: un ordine che sia naturale, architettonico e morale. Un mondo nuovo che non ha ancora nulla di definito se non la sua ineluttabilità. Arriverà prima o poi. A noi non resta che progettare, immaginare come vorremmo che fosse, capire cosa ci aspettiamo da esso e lavorare per ottenerlo. Immersa nel presente la Venere d’acciaio immagina il futuro. Ella si fa ponte tra ciò che ancora non è e ciò che è stato, un passato che scorgiamo affacciandoci dalla balconata. Gli edifici di stampo metafisico riposizionano le lancette dell’orologio sul Novecento, il secolo della Big Science, mentre un uomo cammina lentamente, ricurvo, nella direzione opposta allo sguardo della donna d’acciaio, consapevole del tramonto della civiltà umana. Un tramonto che Spadini rende abilmente attraverso pastose e aranciate pennellate di acrilico. Della vecchia civiltà non resteranno che vestigia, simboleggiate dalla colonna ionica a mezzo fusto alle spalle del robot, protagonista insieme all’umano del presente ma, pare, destinato a superarlo nel futuro come specie dominante.

Prima di concludere vorrei chiarire una cosa. Quando parlo di dominio della macchina sull’uomo non mi riferisco ad una realtà futura in cui aristocratiche robot chiamano per una colf umana. Alla Galleria Medina di Roma ho avuto modo di osservare dal vivo opere di Fabrizio Spadini, tra cui “Paesaggio Urbano con aspettative”. E’ stato come assistere ad un dialogo tra fibre di tela e macchie di colore ben stese. Un’altra opera in particolare mi ha colpita e credo sia propedeutica a chiarire quanto voglio dirvi. Si tratta di “Dialogo di un islandese con la natura della Scienza”. Il titolo rimanda chiaramente all’operetta leopardiana “Dialogo di un islandese con la Natura” dove un uomo, incontrata la Natura, ammette di voler fuggire da lei e le domanda come mai avesse creato gli esseri umani pur essendo il mondo inospitale per loro. L’idea di vivere in balia di una natura selvaggia ha da sempre terrorizzato l’uomo e i tentativi di dominarla sono stati l’inevitabile conseguenza. L’esperienza dell’atomica nel Novecento e la recente pandemia hanno giocato un ruolo nel rafforzare la convinzione umana che quanto abbiamo sia fragile e imperfetto. Siamo costantemente a rischio, minacciati dagli eventi naturali e dalle malattie. Quello che ricerchiamo è ordine. Non vogliamo parlare con la Natura; siamo stanchi dei suoi capricci, stanchi di essere tanto vulnerabili. Vogliamo controllo; vogliamo perfezione; vogliamo plasmare il mondo a nostra immagine e somiglianza. Così è. Così è sempre stato. Di questo si nutre certa scienza. L’uomo non vuole più dialogare con la madre, scendere a compromessi con lei. Vuole piuttosto rivolgersi alla figlia, la Scienza, frutto del suo ingegno, nella speranza che almeno lei possa aiutarlo a costruire un mondo migliore. Ed ecco perché nell’opera di Fabrizio Spadini la prospettiva di costruzione del nuovo mondo è affidata all’immaginazione di una macchina. Ecco perché è lei a reggere la squadra e non una donna in carne ed ossa, come fu per “Allegoria dell’architettura” del Giambologna nel sedicesimo secolo.

“Paesaggio urbano con aspettative” vuole essere un elogio del possibile e della capacità di immaginare e strutturare nuovi mondi partendo dalle nostre aspettative e dai nostri desideri. Una capacità che nel presente accomuna l’uomo e la macchina. Pur non scorrendo sangue nelle vene di Venus, ella accavalla le gambe civettuola e poggia mollemente la testa sul palmo della mano robotica in un atteggiamento decisamente umano. Nel presente la macchina ha ancora qualcosa di familiare, qualcosa che ci spinge verso di lei, ci permette di dialogare con lei e ci trascina in un vortice di aspettative sul futuro.

Dimmi dunque: cosa stai pensando?

Testo a cura di Alessia Fallocco

References

Segui le pagine Medina Art Gallery sui social: Facebook, Instagram e Youtube.