Jago – “Habemus Hominem” al Museo Carlo Bilotti di Roma
Habemus Jago …finalmente di nuovo arte ai tempi del social.
Inaugurata pochi giorni fa la mostra dello scultore Jacopo Cardillo, classe 1987, in arte Jago. Giovane scultore autodidatta, nel 2011 abbandona l’Accademia in seguito alla sua selezione per il Padiglione Italia alla 54a Biennale di Venezia, curato da Vittorio Sgarbi. La decisione di abbandonare gli studi, scaturisce proprio dall’avversione di un insegnante alla sua partecipazione alla biennale. Il critico Sgarbi mostra invece grande ammirazione per l’artista, che commenta così dopo una mostra:
“Appare evidente che in Cardillo c’è una coscienza della forma e necessità di esprimere un’idea; con una modernità d’immagine e riferimenti alla tradizione. Una consapevolezza in un mestiere che pochi artisti hanno mostrato nel corso del Novecento”.
Il sogno di Jago è quello di diventare un moderno Michelangelo; per lo scultore contemporaneo valgono i medesimi principi: l’immagine in sé è già nascosta nel blocco di marmo ed è lui stesso che deve tirarla fuori. E’ stupefacente come Jago riesca a plasmare la consistenza fredda del marmo e creare attraverso di esso delle figure, a volte inquietanti, che sembrano vivere sotto la gelida superficie marmorea. Le opere vengono realizzate solo mediante una fresa ed un aspiratore istantaneo.
La personale “Jago | Habemus Hominem”, presso il Museo Carlo Bilotti in Villa Borghese a Roma, richiama nel titolo una delle sue celebri sculture: un mezzo busto di Benedetto XVI realizzato nel 2009 e modificato in seguito alle dimissioni dello stesso Ratzinger. Nel 2012, grazie a quest’opera, aveva ricevuto l’Onorificenza della Santa Sede “Medaglia Pontificia”, seppur con critiche dovute alle cavità oculari vuote.
In seguito alle dimissioni di Ratzinger nel 2013, Jago spoglierà la scultura e deciderà di “donargli la vista”. Questa spoliazione è stata un vero e proprio rito consacrato da un video in time-lapse pubblicato sul suo sito e sul suo canale Youtube. Il papa è stato letteralmente “spogliato” del suo abito; come se l’artista avesse convertito la sua dimensione sacrale a quella di uomo, aggiungendo nelle cavità orali anche gli occhi. Egli stesso sul suo sito internet scrive come didascalia all’opera:
“Nel 2009 ho realizzato un ritratto di Benedetto XVI, nel 2016 l’ho distrutto per svelare l’Uomo dietro il personaggio”.
La mostra “Jago| Habemus Hominem” racconta la contemporaneità in rapporto costante con la storia. Una selezione di opere dal 2009 ad oggi, che mostra buona parte della produzione scultorea dell’artista; il grande successo di pubblico è arrivato anche grazie al lavoro social che l’artista cura con grande dedizione attraverso tutti i suoi profili web… all’Opening erano presenti moltissime persone, ma soprattutto tanti giovani!
Il successo che sta avendo la sua mostra al Museo Carlo Bilotti è dovuta sicuramente al suo “essere social”. Jago è l’artista contemporaneo per eccellenza che all’innata abilità nello scolpire il freddo marmo, combina le sue doti di musicista, videomaker e compositore. Lo stesso Jago afferma in uno dei suoi video:
“L’artista contemporaneo è colui che utilizza i mezzi di comunicazione contemporanei”.
Il giovane scultore ciociaro porta avanti da un paio di anni la sua campagna di promozione artistica attraverso la pubblicazione di video, selfie e foto, accompagnate da frasi dai toni quasi solenni. Questa tendenza social ha sicuramente aiutato Jago a raggiungere la fama attuale e a diffondere e far conoscere al meglio le sue opere. Di contro il suo “essere social” ha aiutato anche i giovani ad avvicinarsi ed interessarsi all’arte.
In un video pubblicato il 22 Febbraio 2018, Jago dichiara di voler inserire il social fra gli elementi compositivi dell’opera d’arte. Si spinge ancora oltre: il pubblico stesso deve diventare opera d’arte e il social network deve essere elevato ad opera d’arte.
di Annalisa Perriello